Sul quotidiano La Stampa, Elena Cattaneo riassume il proprio discorso in Senato di alcuni giorni prima, in cui, a valle dell’informativa del ministro della Salute sui vaccini di prossima approvazione da parte delle autorità regolatorie europee e italiane, ricordava i passi necessari per arrivarvi, compresa la sperimentazione animale.
Di seguito l’articolo della Sen.ce Cattaneo. Il discorso, sia nella versione “breve” effettivamente pronunciata in Aula, sia in quella analitica lasciata agli atti della seduta, è consultabile e scaricabile in formato PDF a questo link.
Mercoledì della scorsa settimana il ministro della Salute Roberto Speranza ha riferito in Senato su un enorme passo avanti della lotta contro il nuovo Coronavirus: la possibile autorizzazione e disponibilità, fra poche settimane, di un primo “stock” di vaccini. Nel corso della discussione successiva ho invitato i colleghi parlamentari a riflettere su questi straordinari traguardi pensando non solo a quando avremo un vaccino, ma anche a come ci saremo arrivati. Vale a dire, attraverso la sperimentazione animale, senza cui non avremmo mai avuto un vaccino contro SARS-CoV-2 e saremmo ancora indifesi dalle malattie di ieri come da quelle di domani.
Il contributo della sperimentazione animale alla realizzazione dei candidati vaccini di Moderna, Pfizer, Oxford-AstraZeneca (cui partecipa l’Italia) o a quella di molti altri in studio è sotto gli occhi di tutti e arriva da lontano.
È il 2004 quando il National Institute of Health (NIH) di Bethesda, negli USA, getta i primi semi di un vaccino contro Sars-Cov1 (il primo Coronavirus a colpire l’uomo), dimostrando che il vaccino blocca la replicazione del virus nei polmoni del topo esposto al virus. Questo candidato vaccino non sarà mai testato clinicamente, perché il virus sparisce prima, ma studiarlo serve da base per nuove ricerche. Grazie alle sperimentazioni sui topi altri studiosi scoprono che quel Coronavirus utilizza il recettore ACE2 presente sulle nostre cellule come “chiavistello” per entrarvi. Dimostrano, con evidenze inequivocabili, che il topo geneticamente modificato per avere sulle sue cellule il recettore ACE2 umano sviluppa polmoniti interstiziali molto simili a quelle che colpiscono l’uomo.
Dopo l’identificazione a gennaio 2020 di Sars-Cov2, l’azienda del Maine che aveva conservato i materiali riproduttivi di topi con ACE2 umano impiegati ai tempi del Sars-Cov1 in pochi giorni riceve da laboratori di tutto il mondo richieste per migliaia di esemplari: ACE2 è la porta di ingresso anche del nuovo Coronavirus. L’utilità di questo modello animale è confermata dal lavoro di decine di laboratori.
Alcuni aspetti della risposta immunitaria a SarsCov2 non si possono però studiare solo su topi e ratti. Uno studio olandese sui furetti pubblicato su Nature Communications pochi mesi fa è stato uno dei punti di partenza per studiare la trasmissione del virus tramite aerosol o gocce.
La ricerca passa poi ai primati non umani: uno studio su Nature di gruppi del NIH conferma che nel macaco la patologia respiratoria è molto simile a quella umana. Si studiano i livelli di anticorpi neutralizzanti e si capisce per la prima volta che c’è possibilità di resistenza a una seconda infezione.
Quest’estate cominciano ad emergere i tre candidati vaccini più promettenti. I dati pubblicati su Nature a luglio dimostrano che il vaccino di Oxford-AstraZeneca produce nei topi e nei macachi una robusta risposta immunitaria. In Senato, il Ministro Speranza ha spiegato che al nostro Paese spetteranno 40,38 milioni delle dosi di questo vaccino opzionate dalla Commissione europea, e che altri 10 milioni arriveranno da Moderna. L’azienda americana a ottobre ha pubblicato sul New England Journal of Medicine un articolo dal titolo «Valutazione del vaccino mRNA-1273 in primati non umani», in cui si sottolinea che l’impiego dei macachi permette di studiare quali dosi di vaccino siano clinicamente rilevanti. I primati non umani, spiegano gli scienziati di Moderna, sono un modello importante per studiare la protezione da vaccino.
Avallare divieti, silenzi e veti alla sperimentazione animale, ma senza rinunciare a beneficiare di farmaci e vaccini prodotti grazie ad essa e al serio lavoro dei ricercatori, è una dissonanza cognitiva di cui molti cadono vittime, anche in buona fede.
Se però a negare la necessità della sperimentazione animale sono le istituzioni e le persone che le rappresentano, nessuna accondiscendenza è giustificabile, specie laddove l’evidenza dei fatti si piega a logiche identitarie e di riconoscibilità di partito. Con questa consapevolezza mi sono rivolta in Parlamento al Ministro Speranza, perché, in un soprassalto di orgoglio per la funzione ricoperta, sappia far prevalere l’interesse dei cittadini ad una libera ed etica ricerca biomedica, di cui il Ministro della salute è chiamato, istituzionalmente, ad essere il primo responsabile.
L’ignoranza dei fatti è un alibi pericoloso che condanna chi se ne alimenta a una percezione distorta della realtà. Il “negazionismo” sulla sperimentazione animale non è diverso da quello di chi ritiene il virus un’invenzione, perché significa negare lo straordinario sforzo compiuto in questi mesi, in lotta contro il tempo, da ricercatori e imprese di tutto il mondo, uniti contro un virus che ha stravolto la vita di tutti e mietuto vittime in una dimensione di cui, nella parte più fortunata del mondo, avevamo perso memoria.
Elena Cattaneo
Docente della Statale di Milano e Senatrice a vita
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