Sul quotidiano La Stampa di mercoledì 2 marzo, la Senatrice Cattaneo riprende un appello lanciato da studiosi e divulgatori scientifici russi contro le azioni di guerra russe in Ucraina.
“Noi, studiosi, scienziati ed esponenti del giornalismo scientifico russi, esprimiamo una decisa protesta contro le azioni di guerra intraprese dalle forze armate del nostro paese contro i territori dell’Ucraina. Questo passo fatale comporta innumerevoli vite umane e mina le basi del sistema consolidato della sicurezza internazionale”. Così inizia l’appello pubblicato sul sito Troickij variant lo scorso 24 febbraio e, ad oggi, sottoscritto da oltre quattromila scienziati e divulgatori scientifici russi (Link al testo italiano); queste le parole nette e inequivocabili su cui un gruppo di uomini e donne di scienza ha deciso di mettere nome e faccia per divulgarle al mondo, rischiando ritorsioni e limitazioni della libertà. Oltre seimila, riferiscono fonti di stampa, sono infatti le persone fermate negli ultimi giorni in Russia per aver partecipato a manifestazioni pacifiche di dissenso contro la guerra di aggressione all’Ucraina.
“La responsabilità dell’avere scatenato una nuova guerra in Europa – proseguono gli studiosi nell’appello – è tutta della Russia. Per questa guerra non ci sono giustificazioni. I tentativi di sfruttare la situazione del Donbass come occasione per aprire un teatro di guerra non sono per niente credibili. È del tutto evidente che l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la sicurezza del nostro paese. La guerra contro di essa è ingiusta e manifestamente priva di senso”. Da persona che, a sua volta, ha fatto della scienza e della ricerca la propria vita, non posso che essere colpita dalla chiarezza delle parole di questi studiosi che non esitano a mettere a repentaglio la propria libertà pur di rimanere aderenti alla realtà, in aperto contrasto con il potere politico cui sono soggetti.
“L’Ucraina – ricordano – è stata e continua ad essere un paese a noi vicino. Molti di noi hanno parenti, amici e colleghi che condividono le nostre ricerche scientifiche. I nostri padri, nonni e bisnonni hanno combattuto assieme contro il nazismo. L’atto di scatenare una guerra per le ambizioni geopolitiche del governo della Federazione Russa – mosso da dubbie fantasie storiche – rappresenta un cinico tradimento perpetrato alla loro memoria. Noi rispettiamo l’autonomia statale dell’Ucraina che si regge su valide istituzioni democratiche. Capiamo la scelta europea dei nostri vicini. Siamo convinti che tutti i problemi che riguardano i nostri due paesi possono essere risolti pacificamente”. La Federazione delle Accademie scientifiche e umanistiche europee (ALLEA) ha rilanciato questo appello, accompagnandolo con una dichiarazione in cui auspica il rispetto delle convenzioni internazionali sulla protezione dei civili e dei beni culturali ed esprime preoccupazione per la sicurezza dei colleghi accademici in Ucraina. In Italia, l’Accademia dei Lincei riprende l’appello degli studiosi russi e aderisce allo statement ALLEA, pronta a “favorire ogni iniziativa volta al ripristino della pace e delle possibilità di studio e ricerca per gli amici, le amiche e i colleghi e colleghe ucraini”. Il Governo ha stanziato 500 mila euro per finanziare misure di sostegno per studenti, ricercatori e docenti ucraini. La ministra dell’Università Cristina Messa, come già in occasione della recente crisi in Afghanistan, ha annunciato l’apertura di corridoi umanitari per studenti universitari ucraini: iniziativa necessaria, che meriterebbe di essere uno strumento da mettere in campo stabilmente nelle crisi umanitarie del nostro tempo.
“Scatenando questa guerra – constatano gli studiosi – la Russia si è autocondannata a un isolamento internazionale, allo status di paese-paria. Questo significa che noi, studiosi e scienziati, non potremo più svolgere il nostro lavoro come abbiamo fatto finora in quanto la ricerca scientifica è impensabile senza la collaborazione con colleghi stranieri. L’isolamento della Russia dal mondo comporta un ulteriore degrado, culturale e tecnologico, del nostro paese e una totale mancanza di prospettive positive. La guerra con l’Ucraina è un salto nel buio”. Più volte, nel tempo, ho sottolineato come la scienza sia stata uno dei fattori propulsivi per la conquista delle libertà civili nelle nostre società e come la necessaria collaborazione nella ricerca riesca ad abbattere confini e frontiere, mettendo da parte le diverse appartenenze politiche, civili, religiose in nome di un obiettivo conoscitivo comune. Mai, tuttavia, avrei immaginato di ribadirlo mentre carri armati e missili si muovono in scenari di guerra che, a torto, ritenevamo accantonati per sempre alle nostre latitudini. Per questo ho scelto di rilanciare l’appello dei colleghi russi, ed è alle loro parole – di cui condivido forma e sostanza – che lascio la conclusione.
“Fa male riconoscere che il nostro paese, che ha portato un contributo fondamentale alla vittoria sul nazismo, è ora diventato la miccia di una nuova guerra nel continente europeo. Chiediamo l’immediata sospensione di tutte le azioni militari condotte contro l’Ucraina. Chiediamo il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dello stato ucraino. Facciamo scienza, non la guerra!”
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