Partendo dal discorso in memoria di Piero Angela pronunciato in Senato, Elena Cattaneo, sul quotidiano La Stampa, evidenzia la necessità per le forze politiche di adottare una strategia organica in materia di finanziamento e valutazione della ricerca pubblica. Strategia già presente nel documento licenziato nel luglio 2022 dal Tavolo tecnico appositamente istituito dal Mur, che chiunque vinca le elezioni potrà fare propria.
Ecco l’articolo della senatrice Cattaneo:
“Lo scorso 7 settembre, alla riapertura dei lavori parlamentari, ho chiesto di poter commemorare in Senato Piero Angela, scomparso in agosto: un italiano illustre che più di ogni altro ha svelato ai suoi concittadini il fascino della scoperta e le meraviglie della conoscenza. Con le sue parole, precise e inclusive, Angela ci spiegava che questo viaggio conoscitivo possiamo affrontarlo, grazie al metodo scientifico, con fiducia e senza paura. Credo che spetti al Parlamento, alle forze politiche tutte, ora impegnate nella campagna elettorale, riprendere l’invito, da lui formulato come una sorta di testamento spirituale, a “fare la propria parte” nell’alimentare con risorse, attenzione e dedizione la conoscenza e il capitale cognitivo di questo difficile Paese.
Benché i programmi elettorali, per quanto riguarda il sostegno alla ricerca, appaiano poveri di contenuti e molto generici, chiunque si trovi a governare avrà da subito la possibilità di avvalersi di proposte organiche già formulate da esperti del tema. Proposte prive di colore politico, animate esclusivamente dalla volontà di liberare il potenziale scientifico del Paese. Lo scorso luglio, infatti, è stato pubblicato il documento finale del Tavolo tecnico promosso dal Ministero della Ricerca con l’obiettivo di elaborare la “Strategia italiana in materia di ricerca fondamentale”. Questo documento credo debba essere considerato come l’indispensabile complemento agli impegni assunti col PNRR, utile ad evitare che quei fondi, disponibili solo fino al 2026, si rivelino null’altro che una (costosa) boccata di ossigeno, priva di benefici strutturali.
Nel documento si evidenzia la necessità di una “Strategia italiana per la ricerca fondamentale che adotti una programmazione pluriennale e stabilizzi la spesa pubblica per ricerca e sviluppo, utilizzando i fondi del bilancio ordinario dello Stato”. Tra le proposte, quella di stabilizzare la spesa pubblica per ricerca e sviluppo ad almeno lo 0,7% del PIL, in modo da integrare e non disperdere gli investimenti avviati con i progetti del Pnrr, ma anche l’aumento dei fondi destinati ai Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale) per la ricerca di base, per un’ipotesi di spesa totale di circa 2,8 miliardi nell’arco dei prossimi 5 anni. Il documento contiene poi una serie di doverose “proposte organizzative” su valutazione, finanziamento e gestione dei progetti di ricerca, richiamando la necessità di un radicale cambiamento delle procedure di valutazione. Si propone di istituire finalmente una struttura dedicata che, facendo ricorso ad esperti di riconosciuto livello internazionale, sia in grado di fare valutazioni ex ante e ex post dei progetti eliminando ogni possibile forma di quel conflitto di interessi, figlio di una patologica invadenza del potere politico-accademico, che spesso impedisce di premiare le libere idee dei nostri ricercatori.
Benché l’adozione di questa strategia possa essere considerata urgente, necessaria, perfino ovvia per poter continuare a considerare l’Italia un Paese del G7, non se ne è avuta alcuna eco mediatica e la crisi politica che ci ha portato alle elezioni ha impedito che il governo Draghi, forte delle conclusioni del lavoro del Tavolo tecnico, ne potesse promuovere la realizzazione.
Alcuni potrebbero osservare che “i problemi sono ben altri”: investire in istruzione, ricerca e innovazione, specie in tempo di crisi, può sembrare inutile, o almeno poco remunerativo dal punto di vista del consenso elettorale. Eppure, è proprio la politica ad avere l’opportunità di convincere i cittadini-elettori di quanto investire oggi in istruzione, cultura e conoscenza sia invece necessario per il benessere collettivo presente e futuro.
La consapevolezza della necessità di promuovere la conoscenza “qui ed ora” era forte, ad esempio, in Abraham Lincoln, che in piena Guerra civile americana firmò il Morrill Act, fondando l’Accademia delle scienze USA e dando impulso a una serie di iniziative per promuovere le scienze, la tecnologia, la formazione avanzata per tutti i giovani di talento. Molti membri del Congresso dell’epoca erano contrari e si chiedevano perché creare un’Accademia delle scienze in un momento così difficile. Lincoln rispose che lo faceva “Per dare un futuro alla nazione”: la storia dimostra che aveva ragione. Tutti i dati a nostra disposizione, del resto, sono univoci nel ricordare come l’economia della conoscenza – a cui peraltro siamo vincolati nel quadro europeo – sia l’unico possibile orizzonte a cui guardare.
Se il documento del Tavolo tecnico debba rimanere in un cassetto o se possa essere una preziosa guida di policy di cui tener conto fin dalla prossima legge di bilancio dipenderà dalle forze politiche in campo. La speranza è che, all’indomani delle elezioni, vincitori e vinti vogliano tenere nella giusta considerazione queste proposte trasversali alle forze politiche, che attendono solo d’essere realizzate per dare corpo a una strategia organica e pluriennale di rilancio della ricerca, attesa da decenni in Italia”.
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