Sul Corriere della Sera di sabato 27 maggio, la Senatrice Cattaneo raccoglie il “grido di dolore” della ricerca italiana per i tempi – molto dilatati – della pubblicazione delle graduatorie ministeriali per i numerosi bandi di ricerca emanati in concomitanza col PNRR.
Ecco l’articolo della Senatrice Cattaneo:
“Caro Direttore,
diciassette sono i mesi trascorsi dal 27 dicembre 2021, ultimo giorno utile per partecipare al bando per la ricerca fondamentale Fis (Fondo Italiano per la Scienza), finanziato con 50 milioni di euro. Degli esiti, non vi è traccia. Quattordici, invece, sono i mesi passati dal 31 marzo 2022, giorno della chiusura del bando per i Progetti di rilevante interesse nazionale (Prin) 2022, dal valore di circa 749 milioni, e di cui solo nei giorni scorsi sono state pubblicate le graduatorie parziali relative ad alcuni settori.
Costringere i nostri studiosi a una simile attesa ha delle conseguenze irreparabili sulle opportunità di crescita del Paese. Perché l’idea proposta, nel frattempo, è diventata obsoleta. Altri all’estero l’hanno avuta e la stanno già sperimentando. Perché i giovani che si dovevano reclutare con quei fondi si sono stancati di aspettare, e se ne sono andati. Perché senza un termine certo entro il quale sapere se la propria idea sarà giudicata di valore o no, la fiducia nel sistema (politico) e nel futuro personale e professionale crolla. Ad essere “sospese” in attesa di giudizio sono circa 13mila proposte, germogli di nuovo sapere in tutte le discipline, dalle scritture antiche, alla geologia, alla farmacologia, alle biotecnologie agrarie, in un Paese che ha un bisogno disperato di cultura, studio e innovazione. Quei numeri, combinati con le fragilissime procedure di valutazione di cui disponiamo, lasciano anche presagire che l’esito equivarrà al tiro di una monetina (non gioiscano, quindi, i vincitori, quando finalmente arriveranno gli esiti dei bandi, e non ne soffrano i perdenti). Perché mentre le agenzie per la ricerca degli altri Stati affidano la valutazione dei progetti nazionali ad esperti stranieri, retribuendoli in modo adeguato e richiedendo loro articolate motivazioni a giustificare gli esiti, in Italia – pressoché l’unico Paese europeo a essere ancora privo di un’agenzia per la ricerca – è spesso il collega dell’istituto accanto a farla, nei ritagli di tempo, con una riga di commento e il massimo del punteggio se vuole vedere il progetto vincere, tanti sono quelli che ha sulla scrivania.
In questo contesto, a fine 2022 il Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) pubblicava un secondo bando Prin straordinario da 420 milioni, collegato al Pnrr. Anche questo ancora senza esito. A fine 2022 ha pubblicato anche il bando per il Fondo italiano per le scienze applicate (Fisa) 2022: 50 milioni di euro, con la previsione di poterne mettere a bando altri 250 entro il 2025. Sempre nel 2022 era prevista la pubblicazione del secondo bando Fis, valore 150 milioni, di cui tuttavia ad oggi non si trova traccia.
La paralisi delle valutazioni sulle tante linee di finanziamento messe in campo dal Mur è indice di un sistema ingolfato, costantemente sottodimensionato rispetto alle funzioni che dovrebbe assolvere con efficienza e puntualità, e di un’incapacità di attenzione strutturale alla ricerca che va al di là dei singoli governi. La scelta di dedicare stabilmente a università e ricerca un Ministero a sé stante è stata opportuna e necessaria, ma lo si è fatto senza considerare la necessità di dotare il nuovo dicastero di una struttura, uffici, e personale in grado di attivare procedure e gestire in modo affidabile la valutazione di migliaia di proposte, su tutte le discipline, con tempi accettabili. La legge 91 del 2022 prevedeva finalmente la costituzione presso il Mur di una struttura tecnica per la valutazione dei progetti di ricerca, da tempo richiesta dalla comunità degli studiosi e che avrebbe potuto forse fare la differenza in queste circostanze. Ad oggi, non si sa a che punto siano le procedure di selezione; il termine per la realizzazione è stato differito a fine 2023.
All’indomani della definizione del Pnrr e della sua quota per la ricerca, non ho avuto dubbi a definire “tempo delle opportunità” il nuovo scenario caratterizzato dalla certezza di fondi e di bandi (erano ben 15 quelli che, a ottobre 2021, venivano indicati nel calendario del Mur, da realizzarsi entro dicembre 2022). Ma, già allora, sottolineavo che quelle inedite e importantissime risorse non sarebbero state, da sole, sufficienti a garantire al Paese una ricerca sempre più competitiva e all’avanguardia. La differenza l’avrebbero fatta regole e procedure adeguate agli standard internazionali, in grado di garantire ai cittadini il miglior investimento delle risorse pubbliche.
Mantenere competitiva a livello internazionale la nostra ricerca scientifica è (anche) una lotta contro il tempo. La ricerca è come un orto, se non lo curi tutti i giorni hai la certezza che domani morirà. Se non vogliamo che l’oggi si trasformi nel “tempo delle occasioni perdute”, dobbiamo dare una risposta immediata alle migliaia di ricercatori che ancora attendono l’esito dei bandi a cui hanno partecipato. E, per il futuro, dobbiamo organizzare la valutazione della ricerca in modo da non avere nulla da invidiare – per qualità, serietà, competenza e puntualità – al resto d’Europa e del mondo.
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