Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
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Le madri della Costituzione – Da Repubblica dell’8 marzo 2024

In occasione della Giornata internazionale della donna, le senatrici a vita Elena Cattaneo e Liliana Segre, su La Repubblica, valorizzano due dossier prodotti dagli uffici del Senato sulla partecipazione delle donne alla vita politica della Repubblica italiana, a partire dal diritto di voto conquistato nel 1946.

Dal 1946 la Festa della donna ha il profumo e il colore della mimosa. A sceglierla come simbolo di questa giornata furono tre donne antifasciste, tre madri costituenti della Repubblica: Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei. Furono in tutto ventuno le donne elette per l’Assemblea costituente il 2 giugno 1946; Mattei, con i suoi 25 anni, era la più giovane. In quell’occasione, per la prima volta, anche le donne – maggioranza della popolazione allora come oggi – ebbero il diritto di voto attivo e passivo in una consultazione nazionale. Poterono così finalmente esercitare una cittadinanza politica piena.

Si deve di certo anche a quelle donne, a quel voto – espressione di una sovranità popolare non più mutilata nel genere – e al rinnovato spirito di unità, libertà e partecipazione la formulazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione che fa del principio di uguaglianza uno dei cardini della nostra civile convivenza. E ancor oggi l’attualità ci ricorda ogni giorno l’importanza di riaffermare che ciascuno di noi ha pari dignità sociale ed è eguale davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Quelle donne e quegli uomini facevano parte di una generazione sopravvissuta alle guerre, alle dittature, al razzismo più fanatico verso gli ebrei, le minoranze, i diversi, i portatori di malattie genetiche e mentali, culminato nella scientifica pianificazione e realizzazione di genocidi. In quel contesto storico, l’affermazione dell’uguaglianza formale e sostanziale tra i principi supremi della Repubblica aveva una portata rivoluzionaria di rottura con il passato.

Quel “senza distinzione di sesso” ha segnato l’inizio di un cammino che ha portato le donne verso una sempre maggiore emancipazione, in ambito familiare, lavorativo, sociale. Un cammino, anche questo, da studiare e non dimenticare. Lo scorso anno, in occasione della Giornata internazionale della donna, l’Ufficio Valutazione Impatto del Senato ha realizzato due preziose pubblicazioni dal titolo Senza distinzione di sesso e Parità vo cercando: le citiamo nella speranza che siano ampiamente conosciute nelle scuole e condivise in ogni spazio pubblico, per ricordare come il principio di uguaglianza fra i sessi abbia iniziato a prendere forma in Italia attraverso la nostra legislazione e come alla sua affermazione abbia contribuito l’estensione alle donne del diritto di voto.

Per capire il contesto, pensiamo alle lavoratrici italiane che nel 1950, grazie a una legge proposta da Teresa Noce e da Maria Federici, entrambe partigiane, videro approvato il divieto di essere licenziate in caso di gravidanza e l’astensione obbligatoria dal lavoro prima e dopo il parto (solo nel 1971 verrà introdotta anche la facoltà dell’astensione facoltativa per un periodo aggiuntivo). Nel 1963, grazie a una legge fortemente difesa dalle deputate Lina Merlin, Giuseppina Re e Maria Lisa Cinciari Rodano, fu invece annullata la cosiddetta “clausola di nubilato” secondo la quale, se una donna regolarmente assunta si sposava, il datore di lavoro, per contratto, poteva licenziarla.

Per anni, inoltre, le donne italiane hanno visto umiliate le loro attitudini e ambizioni perché alcuni ambiti lavorativi erano loro impediti. È il caso, ad esempio, della magistratura, carriera a lungo preclusa alle donne per la loro “sensibilità”, per la “minore capacità cranica” e per il “minore peso del cervello”. Fu la socialista Lina Merlin, unica Senatrice eletta della II legislatura, a spiegare ai colleghi in Aula, nel 1956, l’inconsistenza scientifica di queste affermazioni. A partire da quell’anno le donne ebbero accesso alla carriera in magistratura, ma limitata ad alcuni ruoli; l’accesso pieno alle cariche pubbliche, compresa la magistratura, in tutti i ruoli, carriere e categorie, arrivò solo nel 1963. E furono ancora due parlamentari donne, le deputate Angela Maria Bottari e Anna Maria Garavaglia, le relatrici della legge che, nel 1981, abrogò finalmente l’umiliante istituto del “matrimonio riparatore”, più di dieci anni dopo la prima coraggiosa denuncia da parte della giovane siciliana Franca Viola, che nel 1966 aveva rifiutato di sposare il proprio violentatore. E, al riguardo, è impossibile non ricordare come solo nel 1996 – dopo 17 anni dai primi progetti di riforma – lo stupro è stato riconosciuto dal nostro codice penale come reato contro la persona e non più contro la moralità pubblica e il buon costume.

Crediamo sia importante, in questa giornata, ricordare quanto la partecipazione femminile alla vita delle istituzioni sia stata e sia fondamentale per l’emancipazione di tutte le italiane, anche in un periodo in cui rappresentavano un’esigua minoranza degli eletti delle due Camere: erano meno di 50 fino agli anni Settanta, meno di 100 fino al 1987. Ma è altrettanto importante, se non prioritario, tenere a mente che il cammino iniziato da quelle donne non è concluso.

Per comprendere non solo la fatica di quelle conquiste, ma anche l’importanza di difenderle e portarle a compimento, dovremmo provare oggi a riavvolgere il nastro, mettendoci nei panni e condividendo le emozioni di quelle donne che si videro recapitata nel 1946, per la prima volta, la tessera elettorale, come raccontato dal film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi. Con quale amnesia, o con quale leggerezza, possiamo pensare oggi che disertare le urne, astenerci dalla vita pubblica e politica possa essere una scelta accettabile per noi stesse, i nostri figli, il futuro del Paese?

Il nostro invito per questo 8 marzo, e per ogni altro a venire, è alla partecipazione: un appello pubblico, civile, inclusivo, rivolto a chiunque sia disponibile ad essere protagonista di una storia comune di emancipazione allo stesso tempo “antica” e proiettata al futuro. Una Storia, in tanta parte, ancora da scrivere.

Elena Cattaneo e Liliana Segre, Senatrici a vita