Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
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La vita va rispettata. Anche alla sua fine – Da D di Repubblica, 2 dicembre 2017

Dopo la lettera aperta scritta insieme ai Senatori a vita Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia affinché il Senato calendarizzasse e approvasse al più presto in aula la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (cosiddetto “testamento biologico”), la Senatrice Cattaneo torna sull’argomento, scrivendone per l’inserto D di Repubblica.

Quando si parla di “fine vita” una delle immagini che mi torna più spesso alla mente è quella di una ragazza giovane con un gran sorriso, il viso incorniciato da una folta chioma di capelli neri. A fare da contraltare a questa immagine così piena di vita c’è lo sguardo sempre assorto e determinato del padre, Beppino, che abbiamo imparato a conoscere da quando, nel 1999, ha intrapreso una battaglia di libertà e di dignità per quella sua unica figlia, condannata da un grave incidente stradale a trascorrere il resto della sua esistenza in stato vegetativo. Ho letto e ascoltato spesso le sue parole e, tutte le volte, mi hanno lasciato un nodo alla gola al pensiero del doppio dolore che quest’uomo, insieme alla sua famiglia, ha vissuto. Alla sofferenza per la consapevolezza che quel sorriso sarebbe diventato un indimenticabile ricordo, si è aggiunta quella di vivere in un Paese che lo privava degli strumenti necessari a garantire per sua figlia la “fine” che lei stessa, come hanno dimostrato le testimonianze di chi la conosceva, riteneva per sé più dignitosa: la sospensione di ogni forma di terapia.
La storia di Eluana Englaro, quelle di Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli, Dj Fabo e migliaia di altre meno conosciute, ma altrettanto degne di considerazione, sono lo specchio di un Paese vittima da anni della ricerca di un compromesso politico sul fine vita, incapace perfino di regolare il cosiddetto testamento biologico. Mentre la politica, in Parlamento, era paralizzata da veti incrociati, il tema è stato delegato ai Tribunali, che, investiti di casi spesso strazianti, si sono trovati ad essere “legislatore” loro malgrado. Ma, nel nostro sistema, solo la legge può dettare la regola generale e astratta valida per tutti. In sua mancanza vige l’incertezza. Le condotte, le scelte e la libertà di decidere di ciascuno di noi sono rimesse alla sorte, alla sensibilità di chi ci è vicino nei momenti di massima fragilità e alle scelte del magistrato eventualmente coinvolto.
Norme che assegnano un valore legale e vincolante alle volontà del paziente sono ampiamente diffuse in Europa e nel mondo. Recentemente, insieme ai Senatori a vita Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia, ho lanciato un appello per sollecitare la politica su questo tema, che ha a che fare con la difesa dello spazio di libertà incomprimibile che appartiene ad ognuno di noi. Sull’accanimento terapeutico e il fine vita, anche Papa Francesco ha riconosciuto nel paziente, capace e competente, la persona che giudica l’effettiva proporzionalità delle cure proposte dal personale medico.
L’approvazione del disegno di legge sul testamento biologico da parte della Camera dei deputati è arrivata nel maggio scorso, a valle di un intenso lavoro di cui non si deve fare carta straccia. Per più di cinque mesi quel testo è rimasto impantanato in Senato, tra i rinvii e le migliaia di emendamenti in Commissione Sanità, per poi, a fine ottobre, essere “sbloccato” e rimesso nelle mani dei Capigruppo, che, mentre scrivo, stanno decidendo se e quando calendarizzarlo in Aula.
Mentre il resto del mondo sviluppato dibatte ormai delle forme di regolazione dell’eutanasia – tema più controverso, ma ugualmente sentito da una maggioranza della popolazione, come testimoniano drammaticamente le decine di persone che ogni anno partono dall’Italia per accedere al suicidio assistito in Svizzera – il nostro Paese potrebbe restare orfano, se non si approfitta degli ultimi scampoli di questa legislatura, di quella che è ormai la soglia minima del diritto fondamentale all’autodeterminazione.