Intervistata dalla giornalista Adelaide Barigozzi per il settimanale Elle, Elena Cattaneo parla di alcuni temi approfonditi nel libro “Armati di scienza”, come la falsa equivalenza tra “naturale” e “salutare” o la necessità di una comunicazione scientifica semplice ma rigorosa.
Ecco l’intervista alla senatrice Cattaneo.
In cosa consiste oggi il metodo scientifico e perché dobbiamo fidarci?
È lo strumento migliore a nostra disposizione per capire il mondo e affrontare senza paura la realtà che ci circonda, ogni giorno, al meglio delle evidenze disponibili. È un metodo che parte da una ipotesi e procede per prove e, spesso, fallimenti. Fidarsi della scienza vuol dire fidarsi di questo lavoro incessante e appassionato che dopo aver raccolto, verificato e reso pubblici e ripetibili i dati, consegna a tutti i cittadini prove verificabili che non possono essere degradate a “opinioni”.
A volte, però, gli stessi scienziati ci danno risposte contrastanti, è successo con la pandemia e questo ha alimentato l’incertezza…
La scienza non è né ha bisogno di essere “tutta la verità”, non è un juke box da cui aspettarsi di sentire la musica che si vuole, né un corpus rigido e dogmatico di “risposte certe” e immutabili. È importante capire che nel percorso verso la definizione di nuove evidenze scientifiche, le stesse discussioni tra esperti sono la norma e non “liti” o divisione, come spesso si banalizza. Se c’è una cosa, però, che l’ “infodemia” di questi mesi ci ha insegnato, è che nella comunicazione pubblica è fondamentale distinguere opinioni ed aspettative personali dalle evidenze disponibili. È altissimo infatti il rischio che i cittadini possano rimanere spaesati.
La ricerca ci ha donato i vaccini, eppure c’è chi li rifiuta, spesso in nome di una fiducia cieca nel “naturale”, contrapposto a ciò che sarebbe “sperimentale” e “manipolato”. Come si spiega questo atteggiamento?
“Naturale” non è sinonimo di “salutare”. Virus e batteri, per fare un esempio, sono naturali, così come lo sono alcuni veleni o i parassiti che minacciano i raccolti. Eppure, anche come conseguenza di astute campagne di marketing, in molti oggi ritengono credibili “narrazioni” tanto affascinanti quanto illusorie. Credo che la scienza paghi l’aver rinunciato, nei decenni passati, a trovare la propria “narrazione”, a raccontare ai cittadini la meraviglia quotidiana del lavoro della ricerca e della scoperta.
Come rimediare ora?
Proprio per questo gap comunicativo che in passato ha penalizzato la scienza, credo sempre più fermamente che lo scienziato debba rivendicare ed esercitare in modo più incisivo il proprio ruolo sociale che consiste nell’offrire dati ed evidenze come base per le decisioni che riguardano la comunità, nell’interesse e per il benessere di tutti, alzando la voce di fronte ad ogni deragliamento del dibattito pubblico verso posizioni pseudoscientifiche. I media hanno poi un ruolo fondamentale: l’etica di chi lavora nell’informazione dovrebbe comprendere il rifiuto di fare da cassa di risonanza ai ciarlatani e di polarizzare le posizioni mettendo sullo stesso piano dati e opinioni. Quando questa etica è venuta meno – un esempio per tutti è la truffa Stamina – a pagarne le conseguenze sono stati i cittadini più deboli.
A questo link è possibile consultare e scaricare l’intervista in formato PDF.