Sul Messaggero del 13 luglio 2019, Elena Cattaneo commenta favorevolmente la decisione presa in Francia dal ministro della Salute Agnès Buzyn di non rimborsare più, a partire dal 2021, una quota per l’acquisto dei preparati omeopatici, in quanto, secondo la valutazione dell’Alta autorità di Sanità francese, privi di efficacia terapeutica.
Di seguito l’articolo della senatrice Cattaneo, reperibile anche online a questo link.
I prodotti omeopatici “non hanno dimostrato scientificamente un’efficacia sufficiente a giustificarne il rimborso”. Dopo un anno di analisi su oltre 800 studi scientifici, l’Haute Authorité de Santé (Has), equivalente francese del nostro Istituto Superiore di Sanità, è giunta a questa conclusione che comporterà, a partire dal 2021, l’azzeramento dei rimborsi per l’acquisto di omeopatici.
Il primo agosto dello scorso anno il ministro della Salute del governo Macron, Agnès Buzyn, ha richiesto alla Has una valutazione indipendente sull’efficacia di tali preparati: procedura cui, in Francia, è sottoposta la maggior parte dei trattamenti rimborsati dallo Stato. L’omeopatia ne era rimasta fino ad ora esentata in forza di una scelta tutta politica del 1984. Il parere dell’Autorità di sanità, arrivato il 28 giugno scorso, ha innescato un intenso dibattito pubblico che si è concluso martedì scorso con la decisione del governo di seguire le indicazioni della Has: dal 2021, il servizio sanitario nazionale non rimborserà più le spese sostenute per l’acquisto di preparati omeopatici. E già dal prossimo anno il rimborso, che attualmente copre il 30% della spesa, sarà dimezzato al 15%, mentre l’Iva aumenterà dal 2,1% al 10%. Il parziale mantenimento del rimborso per tutto il 2020 non trova ragioni d’efficacia terapeutica ma è dettato principalmente dalla necessità economica di lasciare alle industrie come la multinazionale Boiron, vero e proprio colosso del settore, il tempo di riorganizzarsi rispetto ai paventati contraccolpi dei mancati rimborsi.
La scelta francese segue quella del National Health Service britannico che ha revocato i fondi alle cure omeopatiche nel 2017. È invece del 2015 il parere altrettanto negativo dell’ente di ricerca medico australiano, il National Health and Medical Research Council che, a valle di un’analisi di 225 studi originali e 57 revisioni sistematiche, ha concluso che per nessuna condizione di salute ci sono prove scientificamente affidabili sull’efficacia dell’omeopatia.
Sempre in Francia, per ottobre, si attende una decisione del Consiglio nazionale dell’ordine dei medici sul mantenimento o meno del diritto al titolo di omeopati per i medici con tale orientamento. Poco più di un anno fa, a Lille, la facoltà di medicina chiudeva i corsi di omeopatia, e la loro definitiva soppressione negli altri atenei, come chiedono ufficialmente i medici docenti, è parte dell’attuale dibattito.
Sul fronte scientifico, è di un mese fa la notizia del ritiro, da parte della rivista Scientific Reports, dell’ultimo studio-fake rilanciato con enfasi dalle lobby di settore e, purtroppo, anche da alcuni quotidiani nazionali che avrebbe provato l’efficacia sui ratti di un antidolorifico omeopatico. Lo studio, com’era prevedibile per una disciplina che non ha alcuna base scientifica, si è rivelato manipolato e inconsistente. Una fake news, insomma, venuta alla luce e disinnescata grazie a una tempestiva e più che opportuna iniziativa di un gruppo di ricercatori e scienziati italiani.
In un’intervista a Le Parisien, il ministro Buzyn ha motivato così la decisione di non mantenere il rimborso, neanche dimezzato: «Non avrebbe senso. Significherebbe che anche medicinali la cui efficacia clinica non è provata possono essere rimborsati. E allora perché solo quelli e non anche altri? Da uomini e donne politici, bisogna essere prudenti, non andare contro un parere scientifico, perché altrimenti si mette a rischio tutto il sistema di valutazione dei farmaci. Dobbiamo essere rigorosi per far sì che il denaro pubblico, il denaro dei francesi, sia speso al meglio».
Sono d’accordo. Come scienziata e senatrice conosco i danni per la società che la mediazione e il false balance con l’antiscienza possono provocare in politica e nei media. Basti citare Xylella, Stamina, biodinamica, antivaccinismo e la stessa omeopatia. Per quest’ultima, ad esempio, i princìpi su cui si basa sono indimostrabili scientificamente, mentre la sua inefficacia – indistinguibile dall’effetto placebo – è ampiamente dimostrata da tutto ciò che sappiamo della chimica, fisica, biologia e fisiologia.
La decisione su come spendere i soldi pubblici, specie in tema di salute, nella strutturale impossibilità di corrispondere a tutte le aspettative dei cittadini in un sistema sanitario universalistico come quello italiano, impone alla politica di ancorarsi alla medicina basata sull’evidenza scientifica. Tenere conto delle prove consolidate e disponibili è il minimo che si possa chiedere ai decisori pubblici investiti del delicatissimo compito di allocare risorse scarse nella maniera più efficace.
In questo senso sarebbe ragionevole rimeditare la spesa che oggi sosteniamo, nell’ordine di 50 milioni di euro annui (stime Gimbe/2017), per le detrazioni Irpef di prodotti scientificamente privi di evidenze terapeutiche, tra cui gli omeopatici. Magari destinandola – restando all’attualità – al finanziamento di borse di specializzazione per i nostri giovani medici, la cui carenza sta determinando un imbuto formativo che, senza decise correzioni, porterà ad un pericoloso avvitamento del Sistema sanitario nazionale.
Elena Cattaneo
Docente della Statale di Milano e Senatrice a vita
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