Nel suo editoriale di sabato 14 ottobre sull’inserto “D” di Repubblica, la senatrice Cattaneo celebra la memoria del Presidente emerito Giorgio Napolitano a poche settimane dalla scomparsa, con alcuni ricordi personali relativi alla nomina a Senatrice a vita e all’esperienza in Senato.
Di seguito l’articolo della senatrice Cattaneo.
“Le sto chiedendo di continuare a essere una scienziata attiva dentro e fuori il laboratorio e le offro la possibilità di farlo potendo intervenire e contribuire ai lavori del Senato nella Repubblica”. Con queste parole, dieci anni fa, Giorgio Napolitano, da pochi mesi rieletto Presidente della Repubblica, mi propose la nomina a Senatrice a vita. A circa un mese dalla sua dolorosa scomparsa ho ripensato spesso a quel primo incontro, al giorno in cui il presidente attraversò la mia strada lasciandovi un segno indelebile.
Era l’agosto del 2013 quando entrai nello studio del presidente Napolitano, convocata dalla segreteria della Presidenza della Repubblica. Non sapevo cosa aspettarmi; mai avrei immaginato che quell’incontro avrebbe cambiato e arricchito così profondamente la mia esistenza.
Fin da subito, al cospetto del Presidente, mi sentii di fronte ad un “gigante” della nostra vita pubblica. Una volta compreso il motivo di quell’appuntamento – che mi chiarì dopo avere ricordato i punti cardine della nostra Costituzione e della storia repubblicana, dai Costituenti fino a Rita Levi Montalcini – rimasi ammutolita per diversi minuti. Il mio primo pensiero andò al laboratorio di cui avevo la responsabilità, quindi ai giovani che con me stavano costruendo il loro futuro, allo studio della còrea di Huntington, la malattia neurodegenerativa a cui dedico la mia vita, ai pazienti e alle famiglie in attesa di risposte: spiegai che non avrei mai potuto abbandonare tutto questo. Lui mi rispose con quelle parole che mi rassicurarono e che mi emozionano ancora oggi, perché riguardano una passione che va al di là anche della scienza: l’impegno civile verso una società più competente e partecipe. Il presidente Napolitano non mi stava solo proponendo una carica altissima, ma attraverso la mia nomina mi è sembrato volesse richiamare il mondo scientifico ad essere partecipe e responsabile del processo democratico-parlamentare che conduce alle decisioni pubbliche.
All’iniziale silenzio seguì il mio sì, lo pronunciai pur non avendo un’idea precisa di come avrei realizzato quell’impegno. Ero a totale digiuno delle dinamiche parlamentari, ma grata e onorata di potermi mettere alla prova. Fin dal primo giorno, mi fu chiaro che avrei dovuto studiare per contribuire, con dati ed evidenze, affinché il Parlamento prendesse decisioni quanto più possibile informate, evitando scelte che disconoscono o manipolano i fatti e confondono i cittadini. In questi anni, alcune volte sono riuscita a farlo, anche in opposizione a vari colleghi parlamentari ma con il consenso e l’appoggio di molti altri, contribuendo a bloccare o correggere decisioni legislative che rischiavano di far sprofondare l’Italia nella pseudoscienza, o di creare irrimediabili disparità nel settore della ricerca e del suo finanziamento pubblico. Altre volte non ci sono riuscita. Ma ho agito sempre nel pieno della mia assoluta libertà di coscienza e di impegno, e consapevole della responsabilità che il ruolo comporta.
Lo scorso 26 settembre ho partecipato ai funerali laici del presidente Napolitano, celebrati, per la prima volta nella storia d’Italia, nell’Aula della Camera. Ricorderò a lungo il rispettoso silenzio, durato quasi mezz’ora, che sovrastava tutto e tutti mentre venivano trasmesse le immagini del feretro accompagnato dal Senato a Montecitorio. E poi le parole toccanti e bellissime che hanno rotto quel silenzio, da parte di chi ha condiviso un ricordo del padre, del nonno, dell’amico, del politico, tracciando il profilo di un presidente autorevole e rigoroso, ma sempre profondamente umano e capace di interpretare con acutezza i fenomeni della vita politica del nostro complesso Paese.
Con la sua personalità e la sua inesausta lucidità, Giorgio Napolitano ha impresso un segno decisivo nella storia istituzionale dell’Italia, illustrando con l’esempio quale statura morale, civile, politica e umana si possa raggiungere nell’assumere ruoli che riguardano il bene comune. Per gli anni a venire, conserverò la memoria della sua vicinanza e disponibilità, e sarò sempre grata di aver avuto, da cittadina, il privilegio di essere stata sua “compagna di banco” negli ultimi anni in Senato.
A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato PDF.