Nel suo editoriale pubblicato su D di Repubblica sabato 6 agosto, la senatrice Cattaneo racconta le nuove scoperte nell’ambito della genomica, che sono in grado di mappare con estrema precisione anche le minime variazioni che avvengono nel genoma delle cellule durante la loro riproduzione.
Di seguito l’articolo della senatrice Cattaneo.
“C’è un filo sottilissimo di DNA in ogni cellula del nostro organismo. Lungo due metri e composto da oltre 3 miliardi di lettere (i nucleotidi A, C, G,T), è identico in tutte le cellule dello stesso individuo fin da subito dopo il concepimento, quando si forma dal rimescolamento del DNA dei nostri genitori. Così unico da caratterizzare i nostri tratti fenotipici individuali. Così microscopicamente differente tra individui (per “sole” 3 milioni di lettere) da permettere la nostra “identificazione” genetica.
La scienza genomica che studia il DNA ci consegna ora una nuova affascinante scoperta: in realtà il nostro corpo è un mosaico genetico. Ogni cellula nei nostri tessuti presenta qualche variazione nel suo genoma: mutazioni che avvengono in punti diversi e in modo casuale lungo quel filo, a partire dallo stadio embrionale e per tutta la vita di un individuo. Quando la mutazione avviene in una cellula in divisione, poi si “diffonde” creando il “mosaicismo”, poiché sarà presente, identica, nella progenie della cellula mutata, ma non in cellule discendenti da un’altra non mutata in quel punto. Ad ogni divisione una cellula può accumulare 1-2 lettere diverse nel suo genoma.
Christopher Walsh, genetista e neuroscienziato della Harvard Medical School, spiega che questo avviene anche nel cervello umano: i neuroni continuano ad accumulare mutazioni durante lo sviluppo e la vita adulta, al punto che “sarà difficile trovare due neuroni che abbiano lo stesso identico DNA”. Si è calcolato che ciascun neurone del cervello di un bambino di un anno ha già accumulato nel suo DNA fino a 900 lettere diverse. Se ne aggiungeranno circa 20-40 all’anno, fino a raggiungere circa 1500 lettere diverse nell’adulto e fino a 4000 nell’anziano. Modifiche che fanno parte della nostra fisiologia, ma a volte possono essere associate a malattie.
Gli straordinari avanzamenti delle tecnologie genomiche permettono di sequenziare l’intero genoma (cioè leggere i 3 miliardi di lettere) di ciascun neurone e confrontarlo col genoma del neurone adiacente, ripetendo l’analisi per molti neuroni. La prima idea è stata di usare le combinazioni delle variazioni osservate come una sorta di “barcode” spontanei per capire come si forma il cervello e tracciare una mappa delle discendenze tra le sue cellule, visto che le cellule figlie conterranno gli stessi “barcode” della cellula madre, ma con qualche nuova variazione. E lo schema si ripete. Si è così scoperto che le decine di miliardi di neuroni del cervello umano sono riconducibili a 50-100 cellule fondatrici presenti nel feto in sviluppo, che si sono espanse in modo clonale, le une uguali alle altre, salvo per quelle piccole variazioni di lettere, popolando il cervello nelle sue diverse aree e funzioni. Alcune di queste mutazioni nelle singole cellule del cervello possono contribuire alla genesi di forme di epilessia e alle malattie dello spettro dell’autismo. In uno studio pubblicato ad aprile su Nature, “Cambiamenti genomici in singoli neuroni da pazienti Alzheimer”, il gruppo di Walsh ha analizzato 319 neuroni corticali di questi pazienti, scoprendo che molti di essi accumulano nel DNA variazioni ben oltre il livello atteso nell’invecchiamento. Il prossimo passo sarà capire se e come le variazioni siano implicate nella malattia, per poi identificare strategie per contrastarne gli effetti.
E in Italia? Il gruppo del ricercatore Gian Michele Ratto, col CNR e la Scuola Normale di Pisa, ha sviluppato Beatrix, un importante strumento molecolare per visualizzare il mosaicismo genetico nel cervello.
Il nuovo Human Technopole di Milano, con le Piattaforme Nazionali di ricerca (anche sulla genomica) in via di costituzione, aperte in modo strutturato a tutta Italia, dovrà essere in grado di garantire a un pool allargato di ricercatori l’accesso competitivo e continuo al più grande epicentro tecnologico del Paese, dando la possibilità ai nostri studiosi di partecipare in prima fila alle rivoluzioni scientifiche, culturali e applicative che queste sfide inevitabilmente aprono”.
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