A partire dalle bozze di Piano nazionale di Ripresa e Resilienza elaborate nel gennaio 2021 dal Governo Conte II, e dalle Note tecniche aggiuntive trasmesse alle Camere nel marzo 2021 da Daniele Franco, ministro dell’Economia del nuovo governo Draghi, sulla stampa nazionale si è sviluppato un dibattito in cui molti studiosi hanno espresso pareri, basati sull’analisi dell’esistente, su come meglio indirizzare gli ingenti investimenti in ricerca che saranno resi possibili dai fondi del programma Next Generation EU. Anche la Senatrice Cattaneo ha espresso il timore che gli investimenti si concentrino sulla costruzione di pochi centri “fisici”, anziché sulla valorizzazione delle “eccellenze diffuse” già presenti su tutto il territorio e in tutto il sistema della ricerca pubblica italiana.
Un segnale importante, a scongiurare questo rischio, è arrivato dalle dichiarazioni della ministra dell’Istruzione Cristina Messa in audizione in Parlamento il 17 marzo scorso, volte a chiarire che la natura dei “nuovi centri” previsti nel PNRR è quella di centri di coordinamento delle realtà esistenti, per valorizzare le loro specificità in termini di conoscenze, competenze, innovazione.
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