Il 31 dicembre 2016 è scaduta la moratoria ai divieti sulla sperimentazione animale introdotti dalla legge italiana ma in contrasto con la direttiva Ue 2010. Nonostante i pareri scientifici sulla mancanza di metodi alternativi validi, i divieti non sono stati annullati. La moratoria sui divieti è stata prorogata a fine 2017.
Così restano in vigore divieti irrazionali
Intervento di Elena Cattaneo su La Repubblica del 16 febbraio 2017
“Ad oggi la completa sostituzione del modello animale, non è realizzabile in quanto non esistono metodi alternativi in grado di valutare gli effetti comportamentali neurobiologici/psicologici indotti dall’assunzione/somministrazione di una sostanza” e ancora, in riferimento agli xenotrapianti, “al momento non esistono metodi alternativi a tale tipo di sperimentazione”. Sono le parole lapidarie della relazione, depositata a luglio al Ministero della Salute, dell’Istituto zooprofilattico di Lombardia ed Emilia Romagna sulla praticabilità scientifica dei divieti che la legge italiana ha aggiunto nel recepire la direttiva europea sulla sperimentazione animale. L’esito di quella relazione era scontato. Si tratta, anzi, di una ovvietà scientifica. Nei casi in cui non si può fare a meno della sperimentazione animale essa è semplicemente necessaria (nel rispetto di ogni regola etica), laddove esistono “alternative” queste sono già adottate come normale prassi sperimentale, complementare allo studio in vivo. È nell’interesse della ricerca utilizzarle. Perché, quindi, l’esigenza di una relazione che risponda a un quesito ovvio? Per capirlo bisogna avventurarsi nella labirintica legislazione italiana, in questo caso concepita per rispondere a esigenze e pressioni che nulla hanno a che fare con la ragione e neanche con la ragionevolezza. Nel 2010 l’Unione europea adotta una direttiva di revisione della precedente sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, coinvolgendo tutti gli attori interessati, compreso il principale network animalista europeo. Nel recepire la direttiva, il Parlamento italiano ha aggiunto ulteriori restrizioni che condizionano la possibilità di studiare le cause di alcune malattie. Restrizioni in contrasto con la direttiva stessa che espressamente le vieta per garantire uniformità di condizioni ai gruppi di ricerca dell’Unione. Ebbene, il Parlamento italiano ha preferito dare ascolto alle istanze animaliste, ben organizzate dentro e fuori le istituzioni, malgrado la comunità scientifica fosse unanime nel segnalarne l’irragionevolezza, malgrado il danno per coloro che soffrono o soffriranno di patologie collegate agli studi che si vogliono far arenare e malgrado lo svantaggio per i ricercatori italiani gravati da divieti sconosciuti ai colleghi europei. Il Ministero della Salute, non volendo disattendere il Parlamento, ha licenziato un decreto legislativo con alcuni divieti immediatamente esecutivi e altri sottoposti a una moratoria con scadenza il 31 dicembre 2016. Per questi ultimi si prevedeva l’acquisizione di una relazione tecnica ricognitiva dei metodi “alternativi” alla sperimentazione animale in tema di sostanze d’abuso e xenotrapianti. All’ovvia osservazione scientifica che l’alternativa non esiste, anziché annullare i divieti alla scadenza della moratoria , lo scorso dicembre si è rinviata la soluzione del problema prolungando, con il decreto Milleproroghe, la moratoria sui divieti fino a dicembre 2017. In questo contesto, e meritoriamente, la Presidente della Commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi – interprete dell’appello di centinaia di studiosi italiani – ha presentato un emendamento trasversale ai partiti di proroga al 2021 del regime di moratoria affinché, come si legge nelle osservazioni della Commissione, “i ricercatori italiani siano messi nella condizione di competere per i bandi di ricerca e coltivare le proprie sperimentazioni potendo contare su un adeguato orizzonte temporale”. Guardando agli emendamenti depositati, è evidente che alcune forze politiche (Sinistra Italiana, M5S e una piccola parte del PD) remino contro, proponendo l’immediata vigenza del divieto, insensibili alle evidenze richiamate. Martedì notte l’emendamento De Biasi è stato approvato, benché riformulato a soli tre anni (per ragioni a me incomprensibili). La questione, nella sua insensatezza, è ancora aperta perché rimangono vigenti divieti ideologici e antiscientifici, indicativi di un “Paese che odia la scienza”, al pari di quelli sulla sperimentazione di Ogm in campo aperto o sul carcere per il ricercatore che volesse derivare cellule staminali embrionali da blastocisti sovrannumerarie. L’Europa, come era inevitabile, ha aperto lo scorso anno una procedura di infrazione sollevando circa 60 aspetti critici della legge italiana, in violazione del diritto dell’Unione. Il maggio scorso avevo invitato pubblicamente il governo ad intervenire. Il Sottosegretario Gozi rispose in Aula che il Comitato per gli affari europei stava già lavorando. La comunità scientifica confida che quel gerundio sia finalmente sciolto. Che, nel 2017, alle parole, seguano fatti ancorati alla realtà.
Elena Cattaneo
Docente presso l’Università Statale di Milano
Senatore a vita