In occasione del convegno “Stem cell revolutions for neurodegenerative diseases”, tenutosi a Milano mercoledì 27 novembre 2024, la senatrice Cattaneo riflette sulla miopia ideologica che portò, nel 2004, ad includere nella contestata legge 40 il divieto di derivazione delle cellule staminali dalle blastocisti sovrannumerarie.
“Inutili”. Dopo vent’anni mi risuona ancora questa parola, insieme all’accusa (o condanna) di “non eticità”. Durante il dibattito politico e sociale sulla legge 40 del 2004 e sui referendum abrogativi dell’anno successivo, fu così che rappresentanti delle istituzioni, commentatori e persino alcuni studiosi in Italia bollarono le cellule staminali embrionali umane, mentre gli scienziati di tutto il mondo fremevano nei laboratori per le prospettive inedite e straordinarie di ricerca, conoscenza e cura che quelle cellule, isolate per la prima volta nel 1998, avrebbero permesso di esplorare.
Le cellule staminali embrionali si ottengono dalle blastocisti sovrannumerarie, vale a dire dagli embrioni in vitro in eccesso (allo stadio in cui sono una pallina cava di meno di un millimetro), non impiegati per la fecondazione medicalmente assistita. Quelle staminali “nuove e giovani” sono preziose per la ricerca perché possono essere espanse e poi “specializzate” in laboratorio nelle diverse tipologie di cellule dell’organismo, fra cui i neuroni. Dall’approvazione di quella contestata legge, nel 2004, ai ricercatori in Italia è vietato – pena il carcere – isolarle dalle blastocisti in eccesso, nonostante queste siano destinate ad un “congelamento distruttivo”.
A questo divieto – cosa ancor più grave – il governo di allora (Berlusconi II), tante forze politiche, l’associazionismo cattolico e la stessa Conferenza episcopale italiana guidata dal cardinale Camillo Ruini pretesero di dare un fondamento “scientifico”. Per farlo, promossero alla ribalta quei (pochissimi) studiosi capaci di definire “inutili” le ricerche, ancora da fare, sulle staminali embrionali. “Io non voto perché non serve distruggere embrioni umani per cercare nuove cure”: questa era, ad esempio, la dichiarazione astensionista del prof. Angelo Vescovi presente nello spot promosso da Scienza e vita per i referendum del giugno 2005.
Quei referendum non raggiunsero il quorum; è stata la Corte costituzionale, dal 2009 in poi, grazie alle iniziative promosse dall’Associazione Coscioni, a cancellare gli aspetti della legge 40 più disumani e mortificanti del corpo e della libertà della donna, oltre che dei diritti e delle sofferenze di tante coppie, denunciati fin dai lavori preparatori e ignorati in sede di approvazione.
Oggi, vent’anni dopo, le cellule staminali embrionali umane si prendono la rivincita: grazie alla ricerca europea è in corso la sperimentazione clinica di fase 1 con queste cellule in malati di Parkinson. In Italia, l’ipocrisia di Stato impone ancora il divieto di isolarle dalla blastocisti, ma non il divieto di importarle per studiarle: così, dal 2008 ad oggi, l’Università degli Studi di Milano, con il nostro gruppo di ricerca, ha potuto coordinare tre consorzi di ricerca competitivi che hanno vinto finanziamenti pubblici in bandi europei, per lavorare insieme all’ipotesi che malattie come Parkinson o Huntington, caratterizzate dalla perdita di neuroni nel cervello, si potessero trattare sostituendo i neuroni persi con nuovi neuroni ottenuti da quelle staminali embrionali.
Da febbraio 2023 a ottobre 2024, otto persone con Parkinson hanno partecipato alla sperimentazione del trapianto di neuroni da staminali, in Svezia e Regno Unito. Oggi, all’Università di Milano, con l’evento “Stem cell revolutions” racconteremo come si è arrivati a questo primo traguardo di una strada che resta ancora sperimentale: dallo sviluppo dei primi protocolli per “trasformare” le staminali embrionali in neuroni simili a quelli che degenerano nel Parkinson, alla dimostrazione della loro sicurezza ed efficacia in modelli animali, fino all’autorizzazione delle agenzie regolatorie per l’avvio della sperimentazione clinica nell’uomo. Lo faremo, tra gli altri, insieme ai neuroscienziati dell’Università di Lund, Anders Björklund – vero pioniere, sin dagli anni ’70 del secolo scorso della strategia di trapianto neuronale per il trattamento della malattia di Parkinson – e Malin Parmar, sua allieva, che, prima in Europa, sta testando nell’uomo l’efficacia delle staminali nel Parkinson, e insieme a Roger Barker, neuroscienziato clinico dell’Università di Cambridge, responsabile della sperimentazione insieme ai colleghi svedesi. Oltre al Parkinson, ricordo che oggi le staminali embrionali sono in sperimentazione per il diabete e per la degenerazione della macula dell’occhio.
Da una parte, quindi, la scienza che grazie alla sua dimensione europea e collaborativa studia per garantire trattamenti e strategie; dall’altra l’Italia, dove i ricercatori sono trattati come potenziali criminali. La speranza è che presto tutti potremo beneficiare di quanto abbiamo scoperto e scopriremo grazie anche allo studio delle staminali embrionali, e che a nessuno venga in mente di rendere “reato universale” le cure che da esse deriveranno.