Nel suo editoriale su D di Repubblica del 16 novembre, Elena Cattaneo racconta di un progetto scientifico sottoposto alle selezioni del Consiglio europeo per la ricerca, scartato nel 2023, ripresentato dopo averlo modificato, seguendo i consigli e le articolate critiche ricevute nel processo di valutazione, vincitore di un prestigioso ERC Synergy Grant nel 2024.
Ecco l’articolo della senatrice Cattaneo:
“We regret to inform you that…”. Queste sono le parole che ho letto il 12 ottobre 2023 in una mail che aveva come mittente la Commissione europea. Si riferiva all’esito della valutazione da parte dello European Research Council (ERC) di un progetto sottomesso 11 mesi prima, insieme ad altre tre colleghe – Annalisa Buffo dell’Università di Torino, Malin Parmar dell’Università di Lund e Jenny Emnéus dell’Università Tecnica della Danimarca – al bando europeo ERC Synergy, fra i più competitivi e prestigiosi in Europa per la ricerca di frontiera. Presupposto è la “sinergia” tra un massimo di quattro Principal Investigator, cioè i responsabili delle parti del progetto, di Paesi diversi e con competenze trasversali, per creare eccellenza e innovazione. Si tratta di un’opportunità di finanziamento che più di ogni altra rappresenta il senso di vivere, da scienziati, nell’Unione europea: quello cioè di avere a disposizione un sistema di collaborazione senza confini, una “casa comune” fatta di risorse, procedure, professionalità e tecnologie all’avanguardia.
Con Annalisa, Malin e Jenny eravamo entusiaste all’idea di metterci in gioco: il nostro progetto, un approccio innovativo con staminali per il trattamento delle malattie neurodegenerative, ci sembrava di una potenza straordinaria. Avevamo dedicato mesi all’elaborazione della proposta, insieme ai ricercatori dei nostri laboratori. A marzo 2023 il progetto superava la prima valutazione. A luglio, la seconda. Il terzo e decisivo passo prevedeva la famigerata interview sul progetto, in presenza. Ci presentiamo il 10 settembre nella sede dell’ERC a Bruxelles, dopo un’intera estate passata con questa tabella di marcia: sveglia alle 6, collegamento online e 15 ore di lavoro giornaliero, con oltre 3000 scambi di mail.
Non dimenticherò mai il giorno dell’interview. Dall’attesa che arrivasse il turno del nostro progetto, alla stanza in cui ci attendevano, da un lato di un tavolo a “U”, ben 15 valutatori, scelti dalla Commissione ERC, e – a vigilare sulla correttezza delle procedure – alcuni funzionari della Commissione. Dall’altra parte del tavolo c’eravamo noi quattro proponenti: quattro donne, quattro scienziate, tra i quarantacinque e i sessant’anni ma con la stessa tensione di quando eravamo studentesse ai primi esami. I 15 studiosi del panel disponevano anche delle valutazioni scritte di altri 8-10 revisori esterni. Ci hanno “interrogate” sul progetto per 45 intensi e interminabili minuti. Al termine, dopo mesi, ricominciamo a respirare.
Quando dopo qualche settimana arriva la mail con l’esito, gli occhi trovano subito la parola che speravamo di non vedere e che, invece, c’è: “we regret” che significa che il progetto non è stato finanziato. Tutto da rifare. Decidiamo di lavorare sodo per migliorarne la fattibilità, affrontiamo gli aspetti segnalati nei preziosi commenti dei revisori e, a novembre 2023, partecipiamo al nuovo bando con una proposta potenziata.
Siamo di nuovo in pista! Il nostro progetto passa le prime due fasi di valutazione e, nel luglio 2024, riceviamo la convocazione per la terza, decisiva valutazione. Il 12 settembre scorso ci ripresentiamo a Bruxelles, di fronte a nuovi valutatori e revisori esterni. Poche settimane fa, l’esito. “Funded” è la parola agognata e meravigliosa che abbiamo letto nella mail arrivata mercoledì 16 ottobre. Un entusiasmo da far scoppiare il cuore, subito condiviso con gli altri colleghi d’Ateneo che sono riusciti a scalare prima di me questo “Everest della ricerca”.
Dal 2018 a oggi, la mia università, la Statale di Milano, ha conquistato cinque Synergy Grant, come ha ricordato la neo-Rettrice Marina Brambilla in una conferenza stampa il 5 novembre scorso. Nell’ottobre 2023, mentre noi perdevamo, la collega di dipartimento Anna Moroni è riuscita a vincere insieme a due neuroscienziati francesi dell’INSERM, che l’anno precedente non erano rientrati fra i vincitori proprio perché al loro progetto mancava il “pezzo” rappresentato dalle sue competenze.
Questa esperienza racconta come la vita del ricercatore sia un continuo saliscendi tra fallimenti e conquiste, perennemente sulle montagne russe. Per vincere si deve imparare a perdere, a ricercare i difetti delle proprie idee per superarli, a unire le forze per collaborare. L’Europa in questo ci aiuta (e, spesso, ci salva) con bandi puntuali, finanziamenti adeguati e procedure trasparenti e vigilate che tutelano sia chi partecipa alle competizioni che chi le finanzia (i cittadini). Rinunciare a replicare tutto questo e accontentarsi, come fa l’Italia, di procedure che si concludono – sia in caso di successo che di fallimento – con una sola riga di commento, tanto tranchant quanto inutile, rappresenta un totale spreco di risorse per lo Stato e un elemento di frustrazione e diffidenza per il ricercatore.
Elena Cattaneo
Docente alla Statale di Milano e Senatrice a vita
A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato PDF.