Su Repubblica del 24 ottobre, la senatrice Cattaneo espone le ragioni del suo intervento e del suo voto contrario, in Aula al Senato, sulla legge che ha reso la gestazione per altri un reato anche se realizzata in Paesi dove è legale.
Ecco l’articolo della senatrice Cattaneo.
Dal giorno della nomina a senatrice a vita, ho immaginato di poter avere il privilegio di votare in Aula una modifica di quel che resta della legge n.40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Una legge così avulsa dalla realtà che intendeva regolare, da finire presto demolita dalla Corte costituzionale, perché in contrasto con l’elementare diritto della donna alla salute psicofisica e con la buona pratica medica. Sarei stata ben felice di intervenire per abrogare, finalmente, la parte dell’articolo 13 che dispone il carcere per quei ricercatori italiani che volessero derivare linee cellulari staminali dalle blastocisti umane sovrannumerarie destinate al congelamento distruttivo.
Da decenni – lo ricordo in ogni occasione – quelle linee cellulari così preziose in ambito medico, che noi non possiamo generare, vengono importate dall’estero nel contesto di progetti di ricerca e studiate, anche nel mio laboratorio di una Università pubblica. È grazie agli studi su queste cellule staminali embrionali umane derivate in tanti Stati intorno a noi che oggi si è arrivati, tra l’altro, alla sperimentazione clinica del loro trapianto intracerebrale nei malati di Parkinson, dopo vent’anni di assidua ricerca e solide evidenze. Quelle cellule sono infatti in grado di generare i neuroni che muoiono nella malattia.
Invece, anziché agire per liberare la scienza da un divieto ideologico e ipocrita, oggi all’articolo 12 della legge 40 ne è stato aggiunto uno nuovo, che dispone l’allargamento della punibilità di scelte riproduttive compiute da cittadini italiani anche se realizzate in Stati a noi prossimi in cui queste scelte sono perfettamente legali e regolamentate. La gestazione per altri in forma solidale, infatti, è legittima in molti Paesi, come Belgio, Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Grecia, Portogallo, Gran Bretagna, Ucraina, molti Stati degli Stati Uniti d’America e Canada. Appare logico, quindi, che non la si possa considerare come un reato con un disvalore sociale universale. Qualunque cosa si pensi di questa scelta, si fatica a comprendere come si possa paragonare la gestazione solidale (una donna che voglia aiutare un’altra donna, anche la sorella, che non può avere figli) con reati gravissimi che, questi sì, evidentemente hanno una portata universale: penso alla pedofilia, al terrorismo o ad atti di genocidio.
Perché allora perseguire nell’orbe terracqueo un reato universale che “universale” non è? E ancora, come punirlo, in concreto? Quale degli Stati in cui la gestazione solidale è legale collaborerà mai a livello giudiziario per provare un comportamento penalmente rilevante per il solo ordinamento italiano? E nel caso di una coppia residente in Italia con nazionalità diverse, ad esempio un genitore statunitense e uno italiano il cui figlio sia nato negli USA da maternità surrogata, verrà perseguito solo il coniuge di nazionalità italiana? E che dire del presunto obbligo di denuncia da parte dei medici, sulla cui inconsistenza ha espresso parole tombali il Presidente dell’Ordine dei Medici Filippo Anelli?
A simili domande nessuno dei sostenitori della legge sembra avere una risposta convincente, né sembra preoccuparsene. Come se la sanzione penale potesse essere qualcosa di indefinito e vago, e non – fra tutti – lo strumento giuridico che più necessita di precisione perché in grado di aggredire quel che è più prezioso: la libertà di ciascuno di noi.
Anche solo rileggendo la documentazione delle audizioni che hanno accompagnato questo disegno di legge, è certo che, ancora una volta, i tribunali di ogni ordine e grado saranno chiamati a giudicarne applicabilità, compatibilità con la disciplina europea, ragionevolezza e forse anche costituzionalità. Quando ciò accadrà, non mancherà chi lamenterà “l’invasione di campo della magistratura”; eppure, a ben vedere, la causa dell’intervento dei magistrati sarebbe da imputare proprio a chi utilizza il diritto penale come un manifesto ideologico, una mannaia etica incompatibile con la nostra democrazia fondata sulla Costituzione repubblicana.
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