Nel suo editoriale su D di Repubblica di sabato 12 ottobre, Elena Cattaneo racconta del lungo percorso necessario per arrivare dalla ricerca alla cura, e dell’importanza di spiegarlo in maniera comprensibile ai cittadini, in modo da fornire loro gli strumenti per non cadere preda di illusioni, o peggio di truffe.
Ecco l’articolo della senatrice Cattaneo:
Lo scorso agosto, mi è capitato di essere tra i destinatari di un piccolo “mail bombing” da parte di alcuni pazienti che si trovano ad affrontare le gravi conseguenze di un ictus, tra cui anche la paralisi totale o parziale. Gli invii erano indirizzati ad interlocutori istituzionali, a partire dal presidente della Repubblica e del Consiglio, ma in prima battuta si rivolgevano al professor Federico Cremisi, della Scuola Normale Superiore di Pisa, che nel 2018 ha pubblicato, sulla rivista scientifica Stem Cell Reports, uno studio sul possibile uso delle cellule staminali embrionali nel trattamento di questa condizione degenerativa.
I pazienti si dicevano convinti che i suoi studi si fossero arenati per mancanza di fondi e di autorizzazioni e, allarmati da questa prospettiva, sollecitavano le istituzioni italiane a rimuovere tali ostacoli affinché potesse iniziare le sperimentazioni sull’uomo.
Per comprendere meglio queste rivendicazioni, ho letto la pubblicazione scientifica del prof. Cremisi: si tratta, come lui stesso mi ha confermato, di una ricerca di frontiera, effettuata sui topi, ancora lontana da qualunque possibilità di applicazione terapeutica sugli esseri umani. Nessun ostacolo burocratico o economico, quindi, ma “semplicemente” un problema di comunicazione, che fa sì che le molte (legittime) speranze e aspettative riposte nella ricerca scientifica si scontrino con una realtà molto diversa da quella che talvolta viene dipinta dai media o dagli stessi uffici stampa delle istituzioni di ricerca, dove sembra che le scoperte arrivino all’improvviso, dal nulla, e siano immediatamente applicabili e disponibili per tutti.
Chiunque conosca la vita di laboratorio sa che invece, nella maggior parte dei casi, il cammino della ricerca è lungo e che non consente scorciatoie o balzi in avanti. Una pubblicazione scientifica rappresenta spesso un significativo passo avanti, che va considerato come un singolo mattone di un’enorme costruzione. Non si può innalzare il piano successivo prima di aver consolidato a sufficienza il precedente attraverso prove da raccogliere, dati da verificare, tentativi in una direzione che non abbiamo la garanzia sia quella giusta. A volte capita pure di dover tornare indietro, per ripetere tutto il percorso e scoprire che il sentiero giusto era solo pochi centimetri più in là. Ogni passo resta importante, affinché la conoscenza possa continuare ad avanzare.
Credo che le speranze e le aspettative dei pazienti siano una delle attestazioni di fiducia più belle e importanti per uno scienziato. Proprio per questo, l’etica dello studioso deve portare a riconoscere e spiegare ogni volta, con un linguaggio comprensibile e onesto, cosa significhino le nostre ricerche, quale sia l’avanzamento di una pubblicazione, oltre a tutto il lavoro che resta da fare per sperare che un pezzo di conoscenza ottenuta grazie a un esperimento su un piattino di coltura o un modello animale possa portare a una cura. In molti casi ci si è arrivati. In altri si è lungo il percorso. In altri ancora, siamo nella nebbia. Ma non esistono alternative a questo lento e prezioso lavoro.
Così ha spiegato il prof. Cremisi nel rispondere a quelle email, dando anche i dettagli di alcuni suoi studi successivi che esplorano altre possibili strade per sperare di arrivare ad una terapia, senza comunque poterla ancora garantire.
Traslare, cioè trasferire, le scoperte della ricerca fondamentale all’ambito farmaceutico e terapeutico è una sfida lunga e difficile, perché si procede su strade che nessuno aveva mai esplorato prima. Per vincere, l’impegno deve essere comune e partire dalla comprensione reciproca. Per questo è importante che i malati, le famiglie, gli studiosi, gli operatori del settore e in generale coloro a cui sta a cuore la ricerca continuino a conoscersi, incontrarsi, fare rete, per comprendere i linguaggi, le sfide e, soprattutto, il tempo della ricerca, che è sempre pieno e mai vuoto.
La scienza può essere luogo di solide speranze quando è alimentata, senza fughe in avanti, da studiosi rispettosi del metodo scientifico. Tenendo sempre presente che la comunità scientifica nazionale e mondiale, come scritto dal prof. Cremisi ai malati, “nel confronto di dati ed esperienze, è quotidianamente impegnata nell’aumentare la conoscenza della materia e, laddove possibile, raggiungere prospettive di cura”.
A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato PDF.