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Il conteggio insegna – Da D di Repubblica del 22 aprile 2023

Nel suo editoriale sul settimanale D di Repubblica, la senatrice Cattaneo commenta la decisione del Coronavirus Resource Center (CRC) della Johns Hopkins University di Baltimora di fermare il conteggio dei dati della pandemia da Covid-19 all’11 marzo 2023, simbolicamente nell’anniversario esatto della dichiarazione di inizio pandemia da parte dell’Oms, 3 anni prima. Pochi giorni dopo, la stessa OMS ha dichiarato la fine della pandemia.

Ecco l’editoriale della senatrice Cattaneo.

“Seicentosettantaseimilioniseicentonovemilanovecentocinquantacinque (676.609.955) è il numero che, probabilmente, finirà nei libri di storia per rappresentare cos’è stata per l’umanità l’epidemia da Covid-19. È il totale dei casi di contagio nel mondo accertati dal Coronavirus Resource Center (CRC) della Johns Hopkins University di Baltimora al 10 marzo 2023. Alla stessa data i decessi registrati erano circa sette milioni (6.881.955) e le dosi di vaccini somministrate oltre tredici miliardi (13.338.833.198). Negli ultimi tre anni l’aggiornamento di quelle cifre è stato continuo e costante, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e il sito del CRC – con oltre 2,5 miliardi di visualizzazioni – ha rappresentato una delle principali fonti di riferimento mondiali per le informazioni relative alla diffusione del Covid-19. Il mese scorso il conteggio si è fermato. Per lo stop si è scelta una data simbolica: l’11 marzo.

Fu l’11 marzo 2020, infatti, il giorno della dichiarazione di inizio pandemia da Covid-19 da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Come scrissi allora su queste pagine, con quell’annuncio l’Oms stava comunicando al mondo che la trasmissione da uomo a uomo del virus Sars-Cov2, da limitata e localizzata, era diventata continua ed estesa, fino a interessare più continenti con ceppi autonomi di diffusione. Lo stesso giorno, tre anni dopo, il CRC ha interrotto la raccolta dei dati sulla pandemia. Sia chiaro, la notizia dell’interruzione del conteggio dei casi non va interpretata come il segnale che la pandemia è finita: spetterà sempre all’Oms declassare Covid-19 al livello di epidemia, quando se ne presenteranno le condizioni. Come spiega la stessa Università sul suo sito, lo stop è conseguenza del rallentamento nelle comunicazioni dei dati di contagio di molti Stati USA e di un migliore monitoraggio da parte del governo federale.

Un lavoro di monitoraggio indipendente, limitato all’Italia, è stato svolto in questi tre anni dalla Fondazione GIMBE. 25.651.205 è il numero di casi totali di contagio registrati nel Paese al 16 marzo 2023. Anche questo numero non verrà più aggiornato. La “progressiva riduzione della circolazione virale da dicembre 2022, l’impatto sempre minore su ospedalizzazioni e decessi, il sostanziale immobilismo della campagna vaccinale e l’assenza di nuove varianti di preoccupazione”, ha spiegato il presidente Nino Cartabellotta, hanno convinto la Fondazione a sospendere il suo report settimanale sulla pandemia e sulla campagna vaccinale nel nostro Paese.

Molte sono le riflessioni emerse in questi tre anni, stimolate da queste cifre enormi. Credo che l’unico modo per dare un senso a un evento del genere e agli enormi sforzi fatti per fronteggiarlo sia impiegare la stessa forza e tenacia per prepararci alle prossime emergenze sanitarie, abbandonando l’illusione che la vita possa essere “a rischio zero”.

Lavorare ad una rete di allerta e pronto intervento globale, spogliata di ogni nazionalismo e pronta ad intervenire per isolare, circoscrivere e spegnere focolai di nuove malattie infettive ovunque si presentino è la misura minima per scongiurare il ripetersi di quel che abbiamo vissuto. Essere pronti ad alleviare la sofferenza dell’altro, vicino o lontano, sia esso Stato, comunità o individuo non è una scelta, ma una necessità: nel nostro mondo interconnesso, la fragilità dell’uno si riverbera sull’altro con effetti imprevedibili e, talvolta, se lasciati a sé stessi, catastrofici.

L’istantanea dei dati della pandemia all’11 marzo 2023 è importante che appartenga ai libri di storia, ma non per indicare una fine, bensì come data simbolica di una nuova consapevolezza globale nella ricerca di formule di collaborazione, prevenzione e alleanza sanitaria mai immaginate prima, quanto a capillarità e tempestività di azione”.

 

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