Nel suo editoriale su D di sabato 16 ottobre, la senatrice Cattaneo ricorda come dati ed evidenze scientificamente validati siano utili alla decisione politica, e racconta l’azione del JRC della Commissione europea in questo senso.
Di seguito l’editoriale della senatrice Cattaneo.
“Da tempo – come ricordano i promotori dell’iniziativa Scienza in Parlamento – in diversi paesi esistono strutture che garantiscono stabilmente una consulenza scientifica al servizio dell’attività legislativa. Fra questi Francia, Germania, Olanda, Austria, Norvegia, Svizzera e Danimarca, oltre al più noto e antico Parliamentary Office of Science & Technology (POST) britannico. Tra le istituzioni europee, il Parlamento può contare su una struttura chiamata STOA, mentre la Commissione gode di un servizio scientifico di supporto e consulenza denominato Joint Research Centre (JRC) con sedi in Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna. Il JRC studia in maniera indipendente le materie oggetto delle politiche europee per offrire prove ed evidenze scientifiche come basi su cui costruirle.
Ho avuto la fortuna di visitare la sede italiana del JRC, a Ispra. Questo comune di poco più di 5mila abitanti in provincia di Varese ospita laboratori che si occupano di spazio, migrazione, salute e sicurezza, alcuni grandi abbastanza da contenere scheletri di case sui quali studiare le reazioni degli edifici ai terremoti, grazie a macchinari appositamente realizzati.
Nel giugno scorso il JRC ha presentato il report “Capire la nostra natura politica”, che analizza il ruolo del metodo scientifico nel comprendere i meccanismi delle scelte politiche individuali e collettive. Il documento – consultabile dal sito della Commissione europea – spiega, ad esempio, come l’erosione della fiducia negli esperti e nei governi si possa affrontare solo con una maggiore onestà e pubblicità rispetto ai valori e agli interessi in gioco nelle decisioni, e come le nostre competenze cognitive siano messe ogni giorno a dura prova dal contesto attuale della comunicazione, che ci rende tutti – politici e cittadini-elettori – vulnerabili alla disinformazione. È la stessa velocità dell’informazione a mettere in difficoltà il nostro cervello “pigro”, istintivamente orientato verso decisioni emotive ed errori cognitivi che non consentono di comprendere le implicazioni reali di ciascuna scelta.
Sempre quest’anno il JRC ha pubblicato un report che ha come oggetto di analisi le strategie Farm to Fork e Biodiversità promosse dall’Ue nell’ambito del Green Deal per la transizione verso sistemi alimentari sostenibili. Queste strategie hanno fra gli obiettivi, entro il 2030, la riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti, l’incremento dell’agricoltura biologica fino al 25% del totale delle superfici agricole utilizzate, il recupero di superfici ad elevata biodiversità. Anche in questo caso il report del JRC offre uno scenario su cui sarebbe importante riflettere, pur trattandosi di una proiezione e non di una previsione: l’UE va verso un minor impatto ambientale, ma anche verso un calo di produzione dal 5% al 15% in tutti i settori dell’agricoltura e dell’allevamento (compresi, ad esempio, l’offerta di carne e latte), maggiori importazioni e prezzi più alti. Il guadagno in termini di emissioni di gas serra non sarebbe globale, ma ristretto ai paesi dell’Ue. In altre parole, delocalizzeremo le nostre emissioni di CO2, caricandole sugli altri Paesi.
Per potersi giovare delle evidenze con cui la scienza continuerà ad alimentare il dibattito pubblico è necessario che la politica sia in grado di fare una sintesi tra fatti documentati e gli interessi generali della popolazione in termini di benessere sociale ed economico. Il JRC, in questo, è un valore aggiunto per l’Europa, un luogo dove crescono prove e riflessioni sulle cui basi decidere, e un esempio di ciò che manca all’Italia, a partire dal Parlamento: uno spazio costante di confronto e ascolto reciproco su cui crescere un rapporto di fiducia tra cittadini, politica e scienza”.
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