Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
www.cattaneolab.it

Ricerca e cultura, doppia polizza sul nostro futuro – Dal Messaggero del 10 gennaio 2021

In un articolo sul Messaggero di domenica 10 gennaio, Elena Cattaneo ricorda che il dibattito sull’impiego dei fondi straordinari resi disponibili dal piano “Next generation EU” non deve distogliere dalla corretta gestione e programmazione strategica del finanziamento ordinario alla ricerca, soprattutto quella di base, e segnala alcune positive discontinuità in questo senso rispetto al passato, dovute all’impegno del Ministero dell’Università e della Ricerca.

Ecco l’articolo della Senatrice Cattaneo.

Qualcosa nel mondo della ricerca sta cambiando. Lo fa nella distrazione dei più, comprensibilmente attratti e concentrati sulla mole di risorse (a debito) rese disponibili dal programma “Next generation EU”. In quella partita, in cui si gioca tanta parte del futuro dell’Italia, il trinomio “istruzione, formazione, ricerca” deve trovare un rilievo adeguato, pena il tradimento delle finalità dell’eccezionale strumento di rilancio messo a disposizione dall’Unione europea. Portare l’investimento su questo settore a 15 miliardi di euro, pari circa al 7% della quota del programma europeo stimata per l’Italia, come ri-proposto lo scorso 2 gennaio da autorevoli studiosi con il “Piano Amaldi”, è una polizza sul futuro del Paese, un impegno indispensabile, soprattutto nei confronti di quella nuova generazione a cui stiamo chiedendo di caricarsi sulle spalle il fardello di questo ulteriore debito.

Come dimostrare di essere all’altezza di una tale sfida di investimento (non di spesa) è l’interrogativo che tormenta tanti in queste ore. Credo però che la “precondizione” da conquistare, prima di entrare nel dettaglio di come i progetti saranno selezionati e le risorse assegnate nell’ambito del “Next generation EU”, sia innanzitutto quella di riuscire – in discontinuità col passato – a gestire e pianificare l’ordinario, senza ritardi, approssimazioni o “scaricabarile”.

Nell’ambito della ricerca pubblica, dei buoni segnali nel 2020 sono arrivati dal governo Conte con alcune attività “ordinarie” realizzate dal Ministro dell’Università e della Ricerca (MUR), Gaetano Manfredi, il cui dicastero, dopo anni, è ora separato dalla Scuola. Attività meritorie che, pur essendo teoricamente “normale amministrazione”, assumono carattere di eccezionalità nella storia italiana recente.

Nell’anno appena concluso, non solo il MUR ha stanziato 700 milioni per i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN 2020) per la ricerca libera e competitiva in ogni ambito, ma – per la prima volta – ha promosso un bando che si “ripeterà” a cadenza certa ogni anno per tre anni, tra il 2020 e il 2022, garantendo una prospettiva importante alla progettazione di studi e ricerche. Banale, ma – in Italia – rivoluzionario. Il bando PRIN 2020 segue quello straordinario del 2017 da circa 400 milioni (che arrivava dopo due anni di zero stanziamenti) promosso dall’allora Ministra Valeria Fedeli anche grazie al recupero di 250 milioni su 460 di liquidità pubblica accumulata dall’Istituto Italiano di Tecnologia. Ragione vorrebbe che nel primo semestre del 2022 vi fosse certezza di nuove risorse e bandi per il successivo triennio e via dicendo. La stabilità e la continuità di finanziamenti alla ricerca di base, umanistica e scientifica, essenziale per crescere una comunità di studiosi “in salute”, è il minimo che si possa chiedere. Maggiori risorse e modalità di selezione dei progetti che garantiscano competenza e terzietà sono gli obiettivi per cui lottare.

Il 2020 ha visto anche un’altra significativa ‘prima volta’: il Programma Nazionale per la Ricerca, strumento di pianificazione strategica che rappresenta il Programma Quadro per la ricerca e l’innovazione del Paese, è stato predisposto con il concorso di tutti i Ministeri (non era mai successo), ha assunto un orizzonte di sette anni, mettendosi così “in fase” con il Programma Quadro europeo (non era mai successo) ed è stato adottato per la prima volta nei tempi, cioè in concomitanza con l’inizio del periodo al quale si riferisce, e non come in passato con mesi o anni di ritardo.

Per dare seguito all’impegno del governo di portare la spesa in Ricerca&Sviluppo al di sopra della media UE (dall’1,3 per cento del PIL ad almeno il 2,1), investendo a vantaggio di quelle nuove generazioni cui lo strumento di rilancio europeo è dedicato, saranno essenziali anche iniziative straordinarie dentro le nostre università ed enti di ricerca, per far sì che i giovani studiosi formati in Italia o all’estero possano creare il proprio gruppo di ricerca. Penso ad esempio a una iniziativa specifica presente nelle linee guida al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che impegna il MUR a finanziare per 5 anni, sul modello dei bandi dello European Research Council (ERC), le ricerche promosse e guidate da giovani studiosi. Anche l’importante piano di assunzione straordinario di cinquemila giovani ricercatori, introdotto con il decreto Rilancio del maggio 2020, richiede una “ordinarietà annuale” necessaria a recuperare il gap ricercatori/popolazione attiva che, anomalia tra i paesi sviluppati, ci vede inchiodati alla metà della media europea.

Sempre in tema di investimenti da realizzarsi con i fondi del programma europeo, anche rispetto al PNRR in discussione, credo sia prioritaria responsabilità della politica adottare meccanismi di selezione e valutazione che accompagnino ogni forma di finanziamento. È questa la strada da promuovere anche da parte degli studiosi italiani: cogliere il momento per pretendere che ogni euro pubblico dedicato a sostenere i progetti di ricerca del Paese, che si tratti di bandi PRIN o di quelli che alimenteranno nuovi o vecchi centri di ricerca, passi sempre attraverso una rigorosa valutazione comparativa del merito delle idee disponibili. Affinché nessuno ne sia escluso a priori.

L’auspicio richiamato, col passaggio al nuovo anno, ha trovato una prima realizzazione. Venerdì scorso il ministro Manfredi ha comunicato che è stata sottoscritta la Convenzione tra i Ministeri dell’Economia, della Salute e dell’Università e la Fondazione Human Technopole (HT). La firma – ricorda il MUR – realizza l’impegno previsto nella legge di Bilancio 2020 di vincolare all’apertura alla ricerca di tutto il Paese la parte maggioritaria delle risorse che lo Stato destina ogni anno all’infrastruttura dedicata alle scienze per la vita nata nei terreni ex-Expo. Il 55% delle risorse che lo Stato stanzia per legge ogni anno per HT (77 milioni di euro sui 140 complessivi, a regime dal 2024) sarà utilizzato per realizzare una serie di Piattaforme nazionali, individuate a valle di una consultazione pubblica, aperte alla comunità scientifica e accessibili, per via competitiva, a ricercatori di Università, Enti pubblici di ricerca e IRCCS per sviluppare la parte tecnologica dei propri progetti di ricerca. Al controverso modello di fondazione di diritto privato finanziata interamente e con continuità dallo Stato, previsto dalla mission originaria, si aggiunge oggi una vocazione fortemente potenziata di apertura alla comunità scientifica nazionale ed esplicitamente servente l’intero comparto della ricerca pubblica del Paese.

Le sfide per la ricerca pubblica del Paese rimangono immense, ma una buona semina può dare fiducia in un raccolto migliore. A condizione di sapervi dedicare la necessaria attenzione e dedizione.

Elena Cattaneo
Docente della Statale di Milano e Senatrice a vita

A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato PDF.