Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
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L’economia della conoscenza per dar vita alla nuova Italia – Dal Corriere della Sera dell’ 8 ottobre 2020

Sul Corriere della Sera di giovedì 8 ottobre, i senatori a vita Elena Cattaneo e Mario Monti firmano un articolo sull’importanza dell’investimento sui giovani ricercatori, anche con i fondi resi disponibili dal piano “Next Generation Europe”, per un vero rilancio dell’economia e della società italiana.

Ecco l’articolo dei due senatori a vita.

Gentile Direttore,

la notizia del Nobel per la chimica assegnato ieri a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna per aver sviluppato il metodo di “taglia e cuci” di precisione del Dna CRISPR/CAS9 ci ricorda come le scoperte più dirompenti, in grado di aprire inaspettati avanzamenti conoscitivi e, di conseguenza, tecnologici ed economici, sono spesso frutto di studi negli ambiti di ricerca più inaspettati. Il metodo premiato dal Nobel, che ha rivoluzionato l’ingegneria genetica, infatti, è arrivato dopo decenni di ricerca di base da parte di studiosi incuriositi dalla presenza di frammenti di Dna “estraneo” nel genoma di un batterio che, si è poi scoperto, altro non erano che residui di virus invasori incorporati per essere riconosciuti e combattuti dal batterio nel caso si fossero ripresentati.  

È questa la grandezza della ricerca di base: è libera, nasce da un’idea mai pensata prima, spesso basata su una osservazione inattesa, che cresce insieme alla passione, fino ad immaginare un obiettivo per poi sviluppare la strada per raggiungerlo. È dalla curiosità di Jules Hoffmann  sulle cavallette che non sviluppano infezioni che si è giunti a capire le regole dell’immunologia nell’uomo a cui oggi ci appelliamo per fronteggiare la sfida pandemica; è dai ricercatori che volevano rendere le petunie più viola che è nato il viaggio che ha portato al silenziamento genico e ai farmaci “antisenso” ora in uso per contrastare malattie come l’atrofia muscolare spinale o l’Huntington; è dalla concettualizzazione matematica della teoria dei giochi ad opera di Von Neumann e Morgenstern, che sono emerse applicazioni in settori  inimmaginabili agli stessi autori, con particolari benefici per le scienze economiche, politiche e sociali.

La ricerca, in tempi di pandemia, è oggi “sulla bocca di tutti”: dal punto di vista retorico è presente in ogni ragionamento lungimirante – non solo nella comunità scientifica, ma anche in ambito politico e istituzionale – per decidere cosa sia meglio fare per costruire il domani su basi solide. Tra tutte, pensiamo alle recenti considerazioni fatte dal Presidente della Repubblica. Il momento per essere coerenti con questi impegni non può più essere rimandato ed è importante vigilare affinché si evitino passi falsi o “improvvide dimenticanze”.

Sul Corriere di giovedì 1 ottobre autorevoli studiosi italiani, con una lettera aperta al Presidente del Consiglio, hanno rappresentato la necessità di utilizzare una parte significativa delle risorse previste dal Piano europeo di ripresa e resilienza per incrementare in maniera sostanziale gli investimenti in ricerca nel nostro Paese. È di certo questa la strada da seguire.

Molti studi indicano che l’istruzione e la ricerca (tutta la filiera) rappresentano leve oggettive di sviluppo con ritorni anche economici di prima grandezza. Ecco perché l’investimento pubblico e privato in questi settori strategici è la migliore garanzia di un futuro sostenibile per le nuove generazioni. Durante la crisi economica iniziata nel 2008 l’Italia – che non osava affrontare le due voci di spesa pubblica fuori controllo, pensioni e interessi sul debito – ha preferito tagliare le risorse dedicate alla crescita, in particolare alla ricerca. Invece altri Paesi europei, come la Germania, hanno coraggiosamente deciso di incrementarle. Una scelta strategica i cui frutti si vedono, ad esempio, nei risultati straordinari del sistema della ricerca tedesco negli ERC Starting Grants 2020, in cui il Paese primeggia sia per nazionalità dei ricercatori vincitori, sia per numero di progetti ospitati.

Tra gli obiettivi su ricerca e innovazione indicati dal Governo nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) all’esame del Parlamento c’è, nero su bianco, l’impegno a portare la spesa per Ricerca e Sviluppo dal nostro esiguo 1,35 per cento del Pil (dati 2017 su investimenti pubblici e privati) al 2,1 per cento, il che significherebbe superare la media europea attuale (2,06 per cento) o, più verosimilmente, accorciare le distanze a danno dell’Italia, essendo prevedibile che tutti gli Stati membri punteranno, stimolati dalla UE, ad accrescere i loro investimenti in ricerca.

Come possiamo, quindi, cogliere al meglio l’opportunità del programma di investimenti Next Generation EU, di cui il PNRR è la prima declinazione nazionale, per accelerare la transizione verso un’economia della conoscenza costruita sul talento delle nuove generazioni cui è dedicato, fin dal nome, lo strumento voluto dalla Commissione europea? Sono centinaia i giovani studiosi italiani, ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte della penisola, pronti a mettere in competizione le loro idee, in ogni ambito disciplinare, per trasformarle in progetti che potranno diventare volano non solo di crescita economica, ma anche di arricchimento del “capitale cognitivo” del Paese, di maggiore attrattività culturale e di coesione territoriale.

Sarebbe irresponsabile verso le prossime generazioni, il cui futuro stiamo continuando ad ipotecare con una montagna di debito che si innalza sempre di più, se queste risorse finissero in spesa corrente o in trasferimenti volti a generare consensi, invece di essere impiegate massicciamente per investire in istruzione e ricerca, leve indispensabili per rendere anche solo verosimile l’impresa di scalare quella montagna, di rendere sostenibile il debito grazie ad un’accelerazione della crescita. 

È il momento di aprire una nuova stagione di coinvolgimento e responsabilità diretta dei giovani talenti attraverso programmi nazionali di investimento strutturati e continuativi sulle loro migliori idee offrendo, ovunque essi si trovino in Italia: risorse, spazi, libertà, autonomia, indipendenza. Affinché ciò accada, maggiori risorse sono indispensabili ma, sia chiaro, altrettanto indispensabile è lasciarsi alle spalle, con decisione, un quadro regolamentare e di “costume” che spesso privilegia le conoscenze rispetto alla conoscenza, la corporazione rispetto alla competizione, i “meriti” acquisiti altrimenti rispetto ai meriti dimostrati sul campo.

L’Europa che dà risorse unita all’Europa che dà stimoli per il cambiamento. È questo il binomio che dagli anni Sessanta ha avuto tanta parte nella crescita economica e sociale dell’Italia, prima che negli ultimi decenni l’involuzione culturale e politica facesse perdere molte posizioni al nostro Paese e, a noi cittadini, la fiducia gli uni negli altri – ingrediente essenziale per la crescita di una comunità – e nel nostro futuro. È il rinnovarsi di questo binomio, l’Europa come risorsa e come stimolo, che auspichiamo. Se, nel nuovo contesto che si apre, riusciremo a recuperare quello spirito, un investimento cospicuo e trasparente nella “Next Generation Italy” sarebbe un’iniziativa dirompente e inedita che potrebbe guadagnarsi la fiducia del Paese grazie a un investimento direttamente sulle persone, sui giovani ricercatori, sui piccoli gruppi, sulle idee sconosciute, fuori dagli schemi, che aspettano solo l’occasione di germogliare e fare rete. Le risorse, per una volta, stanno per esserci. Le idee pure. Ora servono la lungimiranza e la determinazione politica di darvi corpo.

A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato PDF.